La legge 170/2010 sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) in ambito scolastico ha fatto sì che ultimamente molto si parli di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. La legge definisce con chiarezza questi disturbi e assegna a famiglie, aziende sanitarie e personale della scuola dei compiti ben determinati. Ciò nonostante, in tutto questo gran parlare, si avverte spesso la mancanza di una componente essenziale, ovvero di una reale comprensione di ciò che avere una diagnosi di DSA implica per un fanciullo e per la sua famiglia, di quali siano le ripercussioni sulla vita quotidiana e sulla sfera emotiva di questi soggetti. La storia del coccodrillo Ettore nasce proprio dal desiderio di colmare questo vuoto, nella profonda convinzione che qualsiasi tipo di intervento sarà inefficace se non sostenuto da una profonda comprensione del problema. E’ una storia che parla di disturbi specifici dell’apprendimento con delicatezza e poeticità, senza mai sentire il bisogno di nominarli, definirli o analizzarli.
Ettore, il protagonista, è un cucciolo dotato ed intelligente. La sua curiosità per le cose lo porta a voler comprendere il loro funzionamento e quindi a smontare e rimontare gli apparecchi che trova in casa. E’ abile nel completare puzzle o nel risolvere rompicapi complessi e disegna molto bene. Eppure, sin dalla prima volta che viene presentato, ci accorgiamo che in lui c’è qualcosa che non va: lo incontriamo, infatti, mentre, ultimo nella fila, sta entrando in classe. Il suo nome, a differenza di quello di tutti i suoi compagni, non è in rima, come ad evidenziare qualcosa di non armonico in lui.
Di lì a poco capiamo che Ettore a scuola incontra delle grosse difficoltà: legge e scrive con incertezza, non riesce a memorizzare le poesie, è disordinato e confusionario. I suoi compagni ridacchiano quando sbaglia e questo non fa che accrescere la sua frustrazione. La maestra, invece, si pone empaticamente, ma non sa come aiutarlo. Il caso rappresentato dal giovane coccodrillo della storia è emblematico. I bambini con un DSA presentano, infatti, un quoziente intellettivo nella norma, all’interno del quale però si riscontra spesso una discrepanza tra competenze verbali e quelle logico-visuo-pragmatiche, a favore di quest’ultime. Il coccodrillino, che a casa si dimostra “un tipo proprio in gamba”, a scuola diventa insicuro ed impacciato. Il problema trova la sua origine nel fatto che, in ambito scolastico, l’aspetto verbale diventa imperante: attraverso il linguaggio scritto o orale passano tutti gli apprendimenti e poco servono, dunque a Ettore, le sue spiccate abilità visive, logiche e costruttive. La scuola diviene allora per lui luogo di insuccesso e di frustrazione tanto che, se potesse, ne farebbe volentieri a meno.
Il punto di svolta avviene quando, di ritorno da una gita scolastica, un guasto sul pulmino, su cui sta viaggiando la classe di Ettore, dà al giovane coccodrillo la possibilità di sfruttare la sua innata predisposizione a comprendere il funzionamento delle cose. I compagni lo osservano ammirati mentre armeggia dentro al cofano e la maestra Gilda finalmente ha un’intuizione. La facilità e la rapidità con cui Ettore elabora una soluzione, portando così in salvo tutta la sua classe, le fa comprendere che le doti del suo allievo non avrebbero mai potuto esprimersi appieno attraverso il canale verbale. Da qui la scelta dell’insegnante di proporre a tutti i suoi allievi attività che utilizzino canali diversi, in modo che ciascun alunno, e non Ettore soltanto, riesca ad esprimere al meglio le proprie potenzialità. Le nuove strategie didattiche adottate dalla maestra portano Ettore ad ottenere i suoi primi successi scolastici. Il lieto fine di questa storia viene pertanto sancito dall’intervento della maestra, che ha saputo e voluto modificare il suo metodo d’insegnamento.
“La rivincita di Ettore” è un racconto pensato per i bambini della scuola primaria. E’ un modo per spiegare loro una realtà con cui prima o poi si troveranno a convivere: quella di compagni che stentano ad imparare nonostante siano intelligenti, vivaci e simpatici come tutti gli altri. Compagni che rischiano di venire derisi e umiliati se chi li circonda non capisce il perché delle loro difficoltà e non apprezza, invece, ciò che di bello e di speciale c’è in loro. Il racconto può essere altresì utilizzato per riuscire a parlare al bambino con un DSA del suo disturbo: il fanciullo si riconoscerà nel personaggio principale condividendone dapprima disagio e frustrazioni e gioendo, infine, del suo successo.